sabato 26 febbraio 2011

Voler bene è il pressappoco dell'amore?

Leggere un libro apre sempre nuovi scenari nella vita di un individuo: dovrebbero capirlo gli assanati dei reality tv. Leggere fa pensare, leggere ti porta ad immaginare e a discutere. Ecco, discutere. Perché capita di leggere su un testo di De Crescenzo che «il volere bene è il pressappoco dell’amore». E di lì una teoria sul tema che è stato bello discutere insieme agli amici, anche attraverso i social network.
Il risultato, come sempre, è che ognuno la pensa in modo diverso. Ma in fondo la bellezza dell’uomo è proprio questa, altrimenti… che noia. E’ chiaro che “volere bene” ad una persona non è la stessa cosa che “amare” una persona. Questo dovrebbe essere un punto fermo, un capisaldo della nostra discussione. Eppure la “mamma” di questi due sentimenti resta sempre l’affetto. E’ da qui che parte tutto. E allora cos’è che fa la differenza? Semplice, almeno sulla carta: dovrebbe essere l’intensità dell’affetto. Torniamo alle scuole elementari e risolviamo un problemino facile facile. Supponiamo di avere in tasca 100 caramelle, che rappresentano tutto l’affetto che possediamo. Ebbene, ne daremo cinquanta, o sessanta, alla persona che amiamo. Il resto lo divideremo alle persone a cui invece vogliamo bene. Siano tre, siano trecento. Ecco, qui potremmo fare un’altra differenza. Potremmo dare 3 caramelle ad una persona alla quale vogliamo bene ed una sola ad un’altra. Perché se è vero che l’amore è esclusivo, da dare ad una sola persona (o almeno dovrebbe essere così), è vero anche che non si vuole bene allo stesso modo a diverse persone. Magari se ne vuole di più ai parenti, un po’ di meno agli amici (o viceversa…). Insomma, possiamo fare una scala di preferenze, scegliere a chi volere più o meno bene. Questo sembra chiaro, è un concetto del tutto personale. Qui potremmo fare una digressione e cercare di capire se il volere bene, così come l’amore, può essere non corrisposto. Ma forse è il caso di soffermarci su questo concetto un’altra volta.
Torniamo a quel che dicevamo e per aiutarci ancora una volta rivolgiamoci ai nostri ricordi di scuola e costruiamo un diagramma cartesiano. Semplice semplice. Da un lato c’è il tempo che trascorre, inesorabilmente. Anni, mesi, giorni questo non importa. Anche questo è un concetto personale. Dall’altro invece facciamo una scala di valori sia dell’amore che del volere bene. Ora la teoria che noi seguiremo è questa. Quando si ama una persona si parte da un valore alto, diciamo 100 (nella vita reale questo valore si concretizzerebbe con il mazzo di rose, l’anello, la serata al ristorante) che poi è destinato un po’ calare. Forse perché si è appagati della “conquista”, chissà. Magari c’è ancora qualche fiammata che fa risalire la china, prima di arrivare ad un livello standard, sotto del quale non si va (a meno che non si ami più la persona in questione, ma questo lascia sottintendere un errore personale di valutazione commesso a priori dal soggetto interessato): diciamo numericamente 70. Il “volere bene” ad una persona, specie ad un amico, invece parte spesso e volentieri da un valore basso. Diciamo 20, tanto per rimanere sull’esempio pratico del nostro diagramma. Ecco, il tempo passa. Insieme a questo amico si cresce, si gioca, si fanno tante esperienze comuni. Cresce il “volere bene”, diciamo che gli vogliamo bene il doppio e fissiamo a 40 il livello massimo. Ovviamente nel nostro diagramma possiamo inserire più dati riguardanti il “volersi bene”. Perché, dicevamo, se l’amore è esclusivo si può volere bene a più persone. Ma non sempre si vuole bene di più conoscendo chi ci sta a fianco. Le amicizie finiscono, le amicizie si interrompono. Anche quelle più durature. E allora ecco che da venti il valore può scendere fino allo zero. «Che fantastica storia è la vita» direbbe Antonello Venditti. Così varia, così difficile da capire. Siamo nell’ambito della fantasia, non della matematica. E i nostri dati non sono altro che supposizioni. Ma alla fine della tesi forse si arriva ad una conclusione. Si, è vero che il “volere bene” è il pressappoco dell’amore, perché queste due sfere di affettività che fanno sicuramente parte della nostra vita ci coinvolgono sì, ma in maniera diversa. «L’amore è una grave malattia mentale» diceva Platone. Sarebbe allora bello avere un mondo di pazzi.

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