giovedì 17 febbraio 2011

Diventerò come Oliver Hutton

Le adolescenti, una generazione fa, avevano un sogno. Quello di sposare Simon Le Bon. Bei tempi, straordinari, diremmo, se pensiamo che oggi le ragazzine sognano di sposare un tronista. I maschietti, ovviamente, non avevano lo stesso sogno. Ognuno di noi è cresciuto con un idolo.
Che magari è cambiato nel corso degli anni, quando da bambini si diventa adolescenti e poi maggiorenni. Un idolo che è un modello da seguire, la stella Aldebaràn che splende nel nostro universo psicologico, un traguardo che vogliamo raggiungere a tutti i costi. Gli anni Ottanta, così come buona parte dei Novanta, difficilmente possono essere dimenticati da chi, citando una vecchia canzone di Mimmo Locasciulli, viaggia «intorno ai trent’anni». Per tanti motivi. Elencarli sarebbe impossibile, servirebbe un libro di almeno 1500 pagine. Troppe.
E allora rimaniamo incollati ad un personaggio che a molti bambini dell’epoca, in ogni angolo del pianeta, ha regalato pomeriggi spensierati: Oliver Hutton. Sì, questo bambino prodigio che con il suo talento ha inseguito anche lui un sogno, quello di andare a giocare in Brasile per seguire le orme del suo mentore Roberto Sedinho. I disegnatori giapponesi di allora sono stati molto futuristi. Ad inizio degli anni Ottanta era impensabile che il Giappone diventasse un top team mondiale. E all’evoluzione del mondo pallonaro nipponico, all’invasione dei vari Miura, Nakata, Nakamura e, ultimo, Nagatomo, ha sicuramente contribuito anche la saga di “Holly&Benji”.
Ma torniamo proprio al protagonista. Chi di noi, trentenni o poco più, non ha sognato all’epoca di emularne le gesta tecniche? Parliamoci chiaro, questo cartone animato è stato meglio di qualsiasi scuola, qualsiasi compito in classe, qualsiasi sermone dei nostri professori. Ha saputo trasmetterci insegnamenti basilari. Basta guardare proprio ai primi fotogrammi, ad Holly piccolissimo che si salva miracolosamente dopo un urto con un camion. Chi l’ha salvato? Semplice, il pallone che aveva tra le braccia. «Perché il pallone - come ha detto al timoroso compagno Bruce Harper - è tuo amico, non può farti del male».
Lezione numero uno per i bambini: state attenti quando attraversate le strada!
Quella di Holly è una storia fatta di sacrifici, di una adolescenza che il nostro piccolo idolo ha passato senza la presenza del papà, impegnato a lavorare come comandante di una nave. Crescere senza un genitore non è semplice, ma ecco che arriva una figura paterna anche per lui, pur non potendo certo parlare di “famiglia allargata”. Va a vivere a casa sua infatti Roberto Sedinho, giocatore brasiliano sul viale del tramonto che per problemi di salute si trasferisce in terra asiatica e che, non appena comprende le potenzialità di Holly, fa di tutto per farlo diventare un giocatore professionista.
Lezione numero due per i bambini: anche se crescerete senza il supporto morale di un genitore troverete sempre qualcuno disposto a credere in voi.
Holly trova sulla sua strada ben presto due “nemici” da affrontare. Uno è il portiere Benjamin Price, l’altro l’attaccante Mark Lenders.  Sono due personaggi chiave. Lenders è totalmente l’opposto di Hutton. Holly ha una famiglia felice, l’affetto e la stima di tutti, ha un carattere dolce e sensibile. Lenders è cresciuto per strada, deve darsi da fare fin da piccolo anche per sfamare i suoi fratellini. E’ una vera e propria tigre, pronto a tutto pur di ottenere i suoi scopi.
I due, comunque, dopo mille battaglie, diventeranno grandi amici. Proprio come avviene con Benji, quasi un fratello per Holly nonostante il primo impatto non sia stato certo facile tra i due.
Lezione numero tre: non tutto è come ci appare. Prima di conoscere le cose e le persone che ci circondano occorre del tempo. Non dobbiamo avere fretta.
La vita di Holly è circondata da amici. Tutti lo amano, tutti gli vogliono bene.  E’ il numero dieci, quello che fa la differenza. Bruce lo venera, Tom Becker è il gemello del gol, Diamond, Carter e Mason sono pronti a tutto pur di metterlo nelle condizioni di segnare. E lui sa sempre come ricambiare l’affetto dei compagni. Pensiamoci bene: se avesse avuto in squadra due o tre compagni che non gli avessero passato la palla, Holly avrebbe segnato tutti quei gol? Crediamo proprio di no.
Lezione numero quattro: nella vita, specie quando si inizia a diventar grandi, bisogna cercare di circondarsi di belle persone, che non vogliono mai il tuo male, che ti sopportano e ti supportano soprattutto quando le cose non vanno per il verso giusto. Utopia.
Holly alla fine corona il suo sogno, diventa un giocatore professionista e trascina, insieme ai compagni, il Giappone ai vertici del calcio mondiale. La sua strada non è stata agevole. Ha superato duri avversari, infortuni e problemi vari. Ma ce l’ha fatta. Lezione numero cinque: dobbiamo continuare a perseguire i nostri sogni anche quando incontriamo sulla nostra strada ostacoli che ci sembrano insormontabili.
Che dite? Che abbiamo visto troppi cartoni animati? Possibile. La nostra generazione è quella che ha tanti problemi:  non c’è lavoro, non ci sono prospettive, è difficile creare una famiglia. Perciò almeno i sogni, almeno quelli che ci siamo costruiti da bambini, non toccateceli. Grazie.

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